Antefatto
- Il
tribuno Marco Livio Druso, dopo aver parlato ripetutamente in
Senato in favore degli Italici, viene assassinato.
Quinto
Popedio Silone, informato dell'accaduto, convoca i capi dei popoli
italici, che si riuniscono a Corfinium, la nominano capitale della
Lega Italica, ribattezzandola "ITALIA", e decidono di
prepararsi alla guerra.
Ad
Asculum scoppia una rivolta e vengono uccisi tutti i Romani
presenti in città. L'episodio inasprisce gli animi e impedisce la
riuscita di un ultimo tentativo di accordo fra le parti.
I
Marsi consegnano ai Romani una formale dichiarazione di guerra.
Prima
parte
- La guerra, dichiarata al
principio d’autunno dell’anno 91 a.C. e iniziata sul campo
nella primavera successiva, fa registrare la prevalenza delle armi
italiche e conduce Roma ad un passo dalla sconfitta,
precipitandola nel lutto, nella paura e nella crisi economica.
Seconda
parte
- Dopo il primo anno di
combattimenti, l’esercito romano riprende fiducia grazie al
carisma e all’intelligenza tattica di Caio Mario prima e di
Lucio Cornelio Silla poi.
Due
leggi, accordando i diritti di cittadinanza ai popoli italici
rimasti neutrali (Legge Giulia, 90 a.C.) ed estendendoli a tutti i
singoli Italici che si ritirino dalla guerra (Legge
Plautia-Papiria, fine 89- inizio 88 a.C.), provvedono a dissuadere
Umbri ed Etruschi dall’unirsi agli insorti (come si preparavano
a fare) e a disgregare gli eserciti italici in guerra.
Terza
parte
-
Le sorti della
guerra volgono ormai decisamente in favore dei Romani. Lucio
Cornelio Silla libera tutta la sua abilità strategica per piegare
i valorosi Italici.
Roma
è funestata da guerre civili fra democratici e aristocratici.
Sanniti e Lucani (cui si aggiungono Etruschi e Campani)
partecipano ai combattimenti a fianco dei democratici.
Nel
79 a.C., l’ultima resistenza italica è definitivamente spenta,
ma i Socii italici hanno ormai ottenuto la cittadinanza che
reclamavano.
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