Amedeo
Tedeschi, nasce a Pratola Peligna nel 1874, figlio di Giustino,
notaio in Pratola, e di Angelina De Marinis di famiglia nobile.
Amedeo
decide di non seguire le orme del padre, ma amante di ciò che lo
circonda e innamorato della natura e dell’arte, si trasferisce a
Napoli dove frequenta l’accademia di Belle Arti sotto la guida
di Domenico Morelli un maestro dell’epoca, di Antonio Mancini e
Teofilo Patini suo conterraneo di Castel di Sangro.
Proprio
con Teofilo Patini del quale diviene intimo amico, tanto da essere
lui stesso modello per il San Antonio affrescato nella chiesa
della Madonna della Libera di Pratola Peligna, collabora nella
realizzazione degli affreschi della navata, dei Quattro
Evangelisti e del Mistero della Trinità.
In
Amedeo Tedeschi non c’era solo lo spirito dell’artista ma
anche quello del viaggiatore e così di quell’ Italia dei primi
del novecento ne percorre le strade arrivando a Bologna dove si
innamora di Ione
Melotti, fermandosi per un periodo sufficiente ad affrescare la
chiesa di Piumazzo presso Castel Franco Emilia e sposarsi.
Dal
matrimonio nel 1910 a Roma nasce Bruno; pochi anni dopo scoppia la
guerra e lui ufficiale pur non amandola la combatte, congedato si
trasferisce a Torino
dove continuando la sua attività di pittore, insegna
all’accademia d’arte ma lo spirito irrequieto lo porta ancora
una volta a spostarsi, questa volta nella città dei sogni
Venezia, dove si innamora della laguna dei vicoli e delle calle e
dove perfeziona un’altra arte, quella incisoria
l’Acquaforte
All’accademia
della città lagunare diviene
amico di altri artisti dell’epoca Ettore Tito e Beppe Ciardi e i
suoi lavori vengono accolti alla Biennale di Venezia di cui vinse
nel
1922
il primo premio con l’opera dal titolo “ Cansano”.
E’
amico e conoscente di molti personaggi dell’epoca da Umberto
Saba a Gabriele
D’Annunzio ma il suo amore per l’arte e per il proprio paese
lo riconducono in Abruzzo e su incarico del Ministero della
Pubblica Istruzione restaura
gli affreschi nella chiesa dell’Annunziata di Sulmona , opera
che però non porterà a termine e che affiderà al suo allievo
Camillo Gianmarco di Sulmona.
L’uso
dell’acido nitrico utilizzato per le Acqueforti stroncherà la
sua vita, muore a Sulmona nel 1924 a soli 50 anni.
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