Gli aspetti
ludici nella cultura contadina, hanno inizio con la festa dell’ultimo
giorno dell’anno e si protraggono per tutto il periodo del carnevale,
aperto dall’Epifania, per culminare il martedì grasso. Giorno estremo
della licensiosità della festa, che nella cultura popolare viene
rappresentato con la morte di Re-carnevale.
Questo periodo, coincide con il tempo di tregua nei
lavori stagionali della campagna.. spazio temporale ludico,
interpretato con il ribaltamento dei ruoli del quotidiano, del proprio
"status" esistensiale, dell’eterna subalternità.
Grazie
all' Associazione Pro - Loco, al Comune di Pratola
Peligna (Assessorato alla Cultura) ed al determinante
apporto della Sig.ra
Rosa Carducci, è stato possibile realizzare la prima
manifestazione del "Carnevale Morto" del terzo
millennio, 2001.
Da
oltre venticinque anni questa non veniva realizzata,
sembrava che stesse scomparendo definitivamente dalla
memoria collettiva con l'avanzare della
"moderna" società, invece è stata rianimata;
una delle più belle, interessanti e partecipate
manifestazioni che la decaduta "civiltà
contadina" ci
ha lasciato in eredità.
Un
lascito che si vuole rivitalizzare riempiendolo sempre
più di "contenuti" e svilupparlo all'interno
di un percorso di recupero complessivo di
"momenti" significativi tradizionali tipici
della nostra antica comunità; nello spettacolo
all'aperto e di strada, nella goliardia e nello stare
insieme ripristinare ricorrenze che scandivano il tempo
e le stagioni.
Tramandare
ai nostri figli, ormai distratti da "quotidiani
eventi straordinari" un pezzo della nostra seppur
"leggera e povera" tradizione.
Il
rito di Carnevale Morto si sviluppa essenzialmente in un
pubblico processo, si
approfitta di fare della satira bonaria su fatti e avvenimenti
accaduti a personaggi più o meno in vista e caratteristici del
paese, nella
struttura è stato sempre lo stesso con strani
personaggi: il giudice, la corte, i testimoni e
Carnevale che alla fine viene condannato a morte.
Tali
tracce, che risalgono al 1787, sono riportate in una
pubblicazione di Giovanni Pansa che ha per titolo
"Miti, leggende e superstizioni dell'Abruzzo".
In esse i cittadini di Tagliacozzo (AQ) facevano ricorso
a Sua Maestà il Re per condannare e giustiziare il Sig.
Carnevale che aveva arrecato danni alla popolazione ed
alle autorità.
Anche
nel testo "Usi abruzzesi" di Antonio De Nino,
nel capitolato "Il carnasciale", vengono
riportate tracce di un corteo funebre che veniva svolto
a Pratola, Sulmona, Pettorano, Lanciano e Guardiagrele.
In
esso Antonio De Nino ci riferisce che il Martedì grasso
"...verso le due o tre pomeridiane esce una
mascherata che gira fino a dopo la mezzanotte, porta in
cima ad una pertica un bamboccio di paglia che
rappresenta Carnevale. La sera quattro mascherati
tengono ai pizzi una coltre od un lenzuolo, l'allargano
e vi fanno cadere Carnevale e così lo seguitano a
portare in giro, tutti piangendo con finzione e sonando
padelle e campanacci. - Carnevale vuol morire! Chiamate
il prete! - Ecco pulcinella che si scioglie il cingolo
della camicia che arieggia perciò un camice e si mette
un cappello da prete, raccomandando l'anima a Carnevale.
Sbucano anche dei mascherati vestiti da donne in
gramaglia. Si fa inoltre un Carnevale di cartone portato
da quattro becchini con pipe in bocca e fiasche di vino
a tracolla. Innanzi va la moglie di Carnevale, vestita a
lutto e piange e, piangendo, ne
dice delle grosse! Ogni tanto la comitiva si ferma e,
mentre la moglie di Carnevale fa la predica, i becchini
fanno una tirata alla fiasca. In Piazza, poi, si mette
sopra un rialzo il defunto Carnevale e, tra il rumore
dei tamburi, gli schiamazzi della moglie e l'eco della
moltitudine danno fuoco a Carnevale, e, mentre Carnevale
arde, si sente una batteria di castagnole.
In
ultimo, una bomba porta per aria la tea carnevalesca
con tutto il cappello e chi non vuole ridere non ci si
trovi.
Per
rappresentare Carnevale è, poi, più curioso vedere un
uomo in carne ed ossa dentro una bara di morto, ed un
finto prete presso la bara!
Vedere anche una tinozza per
acquasantiera e, per aspersorio, uno scopetto di saggina
e poi le solite donne piangenti e tutti a
gridare..."
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