Festa
di San Domenico
La
festa
La
grande giornata del Rito dei Serpari inizia alle prime luci
dell'alba con l'arrivo delle compagnie di pellegrini provenienti da
quei luoghi dove il culto del Santo è più profondo: Campania,
Molise e Lazio. E' un momento di alta tensione umana: contadini per
norma etica delle culture rurali poco avvezzi al pianto hanno, in
questo lento avanzare, il volto commosso. Donne di antica bellezza,
braccianti, ragazzi, costituiscono la testimonianza più viva dei
significati attuali del rito tra i quali, appunto, quello del
recupero della identità sociale e antropologica smarrita. Avanzano
cantando inni devozionali; le più numerose sono quelle della
Ciociaria, unite a Cocullo dalla comune predicazione di S. Domenico.
In particolare quelle di Caiazzo, S. Elia Fiume Rapido ed Atina.
Questi ultimi sono identificabili dalla abitudine di abbandonare il
centro abitato camminando a ritroso, secondo l’etichetta di
omaggio del suddito che mai deve volgere il volto dal Signore. Alle
nove del mattino il paese già brulica di gente. Tutte le vie di
accesso sono precluse alle auto. Le code di auto parcheggiate
raggiungono parecchi chilometri di lunghezza. Nel 1986, allorchè la
festa cadde il primo maggio, c'erano auto parcheggiate persino
all'interno della lunga galleria dell'autostrada (A 25) intitolata
proprio a S. Domenico. Le vie sono piene di bancarelle che espongono
per la vendita ogni tipo di merce e di artistici souvenir. In piazza
la commissione tra sacro e profano raggiunge il massimo. I parroci
dei paesi vicini giungono alla spicciolata, si fermano per un attimo
incuriositi, ma poi entrano subito in chiesa. All’interno del
Santuario, mentre l'altare maggiore è il luogo delle liturgie
ecclesiastiche legate alla devozione a San Domenico, in altri luoghi
si svolgono dei rituali dal contenuto fortemente simbolico: in un
angolo vicino al portone d’ingresso, si ripete senza sosta il rito
della catenella. I fedeli, a turno, addentano la catena di una
piccola campana facendola suonare. Questa usanza secondo la
tradizione, ha il potere di preservare dal mal di denti; si preleva
la terra, un tempo stazzatura della chiesa, posta in una piccola
grotta dietro la nicchia del santo, per usi apotropaici; sparsa sui
campi o intorno alle abitazioni, essa tiene lontani i pericoli di
ogni genere, sciolta nell'acqua e bevuta, combatte la febbre.
Intanto la piazza è il luogo dove sostano i serpari i quali, in
attesa della processione, esibiscono orgogliosamente ai turisti
grappoli di serpi che sono riusciti a catturare. I rettili sono di
tutte le dimensioni: dai capitoni, di colore giallognolo, che
possono raggiungere anche un metro di lunghezza, ai cervoni dal
colore bruno fino a serpentelli piccolissimi. I serpari sono per lo
più giovani sui trenta anni e bambini intorno ai dieci anni.
Impazzano i flash delle macchine fotografiche per la foto ricordo
con la serpe in mano o a tracolla. E' questo un momento durante il
quale antichi timori, ingiustificate avversioni e oscure paure nei
confronti dei rettili, pian piano si sciolgono fino al punto che,
seppure con qualche residuo di ritrosia, ci si lascia convincere al
contatto con una serpe, quasi per soddisfare la necessità di un
rapporto più profondo con il mondo soprannaturale che questi
animali rappresentano. I tanti che hanno fatto l'esperienza di
posare con la serpe sul collo sostengono di aver provato la benefica
e sensuale sensazione del massaggio, quasi si trattasse dell'esperta
mano di un fisioterapista. "Nella vita di ogni giorno - dice il
serparo Mario Mascioli - questa gente non prenderebbe mai in
considerazione l'idea di maneggiare una serpe. li nostro rito riesce
anche a guarire le persone dalle paure di ogni giorno!" . A
Mezzogiorno in punto la Processione, il clou della giornata; dal
Santuario di S. Domenico esce lo stendardo fra l’assordante e
festoso rumore della <<kermesse>>. Seguono i bandisti e
i canestri con i cinque (in genere) <<ciambellati>>: uno
sarà poi donato al portatore dello stendardo e gli altri quattro a
quelli della statua. I ciambellati sono grosse ciambelle fatte di
pasta dolce e confetti nonché di un …ricordo millenario: infatti
da questa usanza abbastanza diffusa sembra emergere una chiara
reminiscenza di culti longobardi; vengono portati da alcune ragazze
che partecipano alla sfilata dei costumi aviti, tra loro è
possibile notare un cittadino di Gissi, in provincia di Chieti,
Antonio Pachioli. La sua presenza è ormai un elemento fisso da
almeno dieci anni. Dieci anni fa infatti la moglie del Pachioli
rischiava seriamente di perdere il bambino che aveva in grembo.
Antonio allora fece un voto a S. Domenico: "Se mio figlio vivrà
- pregò - per dieci anni porterò a Cocullo una conca colma di
prodotti del mio paese, sempre più grande, proporzionale
all'altezza del mio bambino". La statua del santo esce portata
a braccia da quattro persone, appena uscito viene adagiato sul
sagrato dove i serpari, stringendosi intorno ad essa, la
"inghirlandano" con le serpi più grosse, questi si
stringono intorno al collo ed alla testa del santo lasciandogli il
volto completamente libero (fino ad epoca relativamente recente tale
cerimonia avveniva all’interno della chiesa); un applauso
liberatorio si leva a quel punto dall'enorme folla assiepata in
piazza. Secondo una tradizione orale infatti, se i serpenti
coprissero il volto della statua sarebbe un cattivo presagio. Poi,
risollevato e attorniato da alcuni sacerdoti e carabinieri in grande
uniforme, è portato per le vie del paese avvolto nel groviglio
viscido e multicolore, nel suono delle campane e negli squilli delle
trombe; e dietro la statua il Sindaco di Cocullo insieme alle altre
autorità civili e religiose. Passa la processione in mezzo alle
vecchie case e qui, nel suo compiersi, il rito ricalca arcaici
modelli costituendo l'esempio residuo di un mondo antico paneuropeo:
a Santiago de Compostela, in Spagna, fatta centro della pietà
peregrinante di tutta Europa, si maneggiavano serpenti. A Marcopulos,
nell'isola di Cefalonia, nel giorno dell'Assunzione della Beata
Vergine, il 15 di Agosto, le serpi entravano in chiesa. Le vergini
greche salivano sull'Eretteo, sull'Acropoli, e nutrivano le serpi
sacre con il latte. Storie e metafore nell'ambiguità dei segni
attribuiti ai serpenti, ora custodi di fecondità, ora nemici. Se la
giornata è bella, a questo punto la gente sciama per le campagne
circostanti approfittando dell'occasione per fare un pic nic. La
gran parte del programma del Rito dei Serpari è tutta qui. Nel
pomeriggio il momento più significativo è l'omaggio al ruolo dei
serpari. Una volta si stilava una graduatoria eleggendo un vincitore
in base all'aspetto ed alla grandezza delle serpi presentate. Da
qualche anno l'omaggio si è trasformato in qualcosaltro:
prevalentemente il riconoscimento del ruolo storico e culturale dei
serpari. Terminata la festa - lo dicono in coro tutti i serpari - i
rettili vengono riportati nei campi, addirittura negli stessi areali
dai quali erano stati prelevati. Su questo punto nel 1993 si apri
una violenta polemica tra la Pro Loco di Cocullo e le associazioni
ambientaliste ed animaliste. Costoro, in testa il WWWF e la Lega
anti vivisezione (LAV), accusarono i serpari di maltrattare le
serpi, di venderle o addirittura di ucciderle.La Pro Loco reaggì
con fermezza e pacatezza. "Nel 1992, - dichiarò l'allora
presidente Mario Volpe - raccogliendo una istanza della sezione
sulmonese del WWF, manifestammo la nostra disponibilità a che tutte
le operazioni preliminari e successive alla festa fossero seguite e
controllate da una commissione deputata alla difesa della
specie". E poi continuava con estrema onestà intellettuale:
"in passato c'era chi, all'indomani oppure anche durante la
festa, vendeva le serpi. Oggi, anche grazie al nostro lavoro di
sensibilizzazione, questo non si verifica più. Oggi il serparo non
è più il selvaggio che qualcuno vorrebbe far apparire. Dietro al
rito ci sono una cultura ed una fede religiosa". E, concludeva:
"Lo so che può apparire antistorico, ma noi cocullesi abbiamo
per le serpi, fatte le debite proporzioni, la stessa devozione e lo
stesso amore che portiamo al nostro santo protettore". La
polemica, anche a seguito, di incontri e chiarimenti, si esaurì
presto. Oggi gli ambientalisti frequentano il rito di Cocullo con la
stessa curiosità e lo stesso interesse, con la stessa
predisposizione d'animo delle decine di migliaia di visitatori di
ogni primo Giovedi di Maggio.
Bibliografia:
“Feste e riti di Popoli Peligni”
Pasquale D’Alberto, Claudio Lattanzio
“I Serpari a Cocullo” - Nino Chiocchio