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Nicola Moscardelli

 

Nicola Moscardelli nacque ad Ofena il 9 ottobre 1894.
Nel 1913 pubblico' a sue spese due volumetti di versi " Le fiamme" e " La veglia" che gli
valsero una recensione su "La Voce" poi nel "Giornale d'Italia" ed una prima notorietà.
Poi venne la guerra; Moscardelli parti' tra i primi come ufficiale di complemento coi fucilieri di Pinerolo. 

Nel 1915 fu gravemente ferito; riporto' uno squarcio profondo ad una guancia : gliene rimarrà una cicatrice ed una paralisi locale che gli disturberà la masticazione e sarà non ultima causa della sua morte precoce.
I suoi atti di bravura gli valsero la medaglia d'argento al valor militare.
La produzione poetica e narrativa fu abbondante. 

Moscardelli intrattenne rappporti con tutti gli autori più noti di quel periodo.
Mori' il 21 dicembre 1943 à Roma. La salma fu trasportata ad Ofena circa dieci anni dopo e riposa 

nel camposanto ch'egli aveva cantato:

"fra la strada e il campo
a cui fa da confine
il mandorlo e l'ulivo
che il contadino pota cantando
cosi' che un ramo cadendo
s'intreccia alla crocie
come la vita alla morte....

 La Madonna dei grattacieli

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La Madonna dei grattacieli

Anche nella metropoli straniera d'oltreoceano gli emigrati abruzzesi festeggiano la Madonna dell'Assunta, secondo le usanze dei lontani paesi che hanno abbandonato. Si forma un comitato, si gira per la questua, si organizza la processione: ed è una scena surreale, di drammatica emotività, quella che si crea quando la processione,prende a sfilare non tra le povere case di un paese di campagna ma tra gli alti grattacieli della città americana. La festa dura un giorno e si esaurisce nell'osteria al suono nostalgico di un organetto: domani, l'illusione sarà finita e si riprenderà la dura vita di lavoro, ritmata dal fischio inflessibile delle sirene e governata dalle sue ferree leggi. Perciò la festa si conclude col pianto dirotto dei protagonisti, che la fede di quanta disperata tristezza accompagni, in ogni tempo, la sorte dell'emigrante.


Anche quest’anno gli abitanti della città hanno celebrato la festa della Madonna  di mezz'agosto con una processione.

Il quartiere era in orgasmo già da molti giorni, che all'approssimarsi della data la nostalgia dormente si ridestava e il pensiero correva alla terra lontana come una pecora assetata alla fonte.

Secondo l'usanza dei paesi lasciati s'è formato un comitato per le spese, e nessuno ha rifiutato il suo obolo perché ognuno aveva l'impressione di respirare una boccata d'aria natale nell'atmosfera asfissiante della città di cemento.

Si sentiva la sera errare da balcone a balcone del quartiere un ritornello di canzone, spaurito come un'allodola che non ritrova il nido: ed erano i giovani che provavano sulla chitarra e sui mandolini le canzoni non ancora dimenticate. Le donne tiravan fuori dai cassetti i costumi paesani non più indossati e si guardavano allo specchio, provandoli, con la stessa tremula gioia del giorno in cui s'erano sposate.

Smemorate da quel ricordo correvano alla finestra quasi per rivedere la casa dirimpetto, la casa che nel paese era come la propria, tanto eran l'una all'altra vicina; ma invece della facciata di calcina e dei tegoli rossi sui quali i gatti prendevano il sole, si alzava dinanzi ai loro occhi l'ombra delle case di quattordici piani, enigmatiche[1] e fredde come tavole logaritmiche[2]  a confronto d'un prato fiorito.

Le spose allora aspettavano con più ansia il ritorno dei mariti e dei figli quasi che un pericolo li sovrastasse non mai conosciuto prima, e sebbene il sole arroventasse l'aria sentivano un poco di freddo.Quando infine tutto fu pronto arrivò il gran giorno.

Paesi interi della terra abbandonata si trovarono riuniti dinanzi alla Chiesa, coi vestiti della festa, il cuore anelante, e un fiore di carta all'occhiello. Portata dai piú validi giovani la Madonna usci dalla gran porta come un sole nel sole, tutta parata anch'essa a festa, con l'oro, i gioelli e gli infiniti doni a lei votati quando il capo di casa s’ammalò, quando rimase senza lavoro, quando misero da parte le prime cento lire.

Ondeggiò nell'aria la Madonna inebriata dal sole e dalla presenza del popolo suo, e si mosse il lungo corteo.

Tutti portavano il cero piú grosso che avevano potuto, e si guardavano in faccia come se non si conoscessero. Le bambine vestite di bianco procedevano quattro per quattro, e i maschi già avvizziti dal lavoro, nell'abito nuovo delle feste camminavano ai lati, impacciati, e gli pareva di ricordarsi di una processione uguale a quella, sopra altre strade, sotto altro cielo, in altre contrade. Tutt’a un tratto, la musica si mise a suonare, la banda tutt'a un tratto attaccò una marcia: e allora sul selciato bollente di New- York fiorì l’erba dei villaggi, e dalle mura roventi delle case di cemento si sprigionò il sentore umano delle case dei borghi, delle case in cui i manzi mugliano, gli asini ragliano, i cavalli nitriscono, e i bambini piangono. Si diffuse nell'aria stregata dal sole l'aroma dei campi lontani, e gli uomini insieme con le spose a un tempo guardarono di là dai grattacieli se mai si scorgessero le aie col grano battuto, le vigne ingiallite dallo zolfo, i prati col fieno falciato. Come uno stormo d'uccelli venuto di là dal mare, gli odori della terra viva, della terra coi solchi e col seme, con gli aratri a mezzo il solco, si calarono sugli uomini che procedevano. E le note della banda anch'esse erano note del tempo passato, e parlavano a ognuno col proprio dialetto, risuscitavano in ognuno un mondo che credevano morto ed era soltanto assopito[3]. Allora dalla chiesa arrivò l'onda delle campane che si perse per le strade dopo aver bussato a tutti i petti, e ognuno risentì gli scoppi dei mortaretti lungo le vie del villaggio, vide gli altissimi stendardi apparire in cima alle vie strette, mentre tutti si inginocchiavano e tutti i vani delle case e dei cuori s'empivano del tranquillo rombo delle canzoni cantate dietro la via della Madonna[4] . A questo improvviso palpito gli uomini si sentirono mancare, le donne si asciugarono gli occhi, e videro sulle soglie o in cima alla scala davanti alla casa tutti quelli che avevano lasciati un giorno tra il suono degli organetti, il pianto delle madri e le voci rotte dei padri: un'onda di quel silenzio al di là dei mari e i monti sfiorò le loro fronti, rinfrescò le loro labbra assetate e fu come se una turba d'angeli invisibili volasse basso per ventilare i loro volti accaldati. La Madonna procedeva lenta con le braccia levate in atto d'invito, e i suoi occhi parevano anch'essi cercare un'altra terra, altri campi, altre case. Esiliata come quelli che la sostenevano sulle spalle, sembrava che anch'essa cercasse la via dell'evasione, e tutti gli occhi erano volti verso i suoi, e tutti credevano di vederli palpitare. Ma dal selciato il sole rimbalzava con un palpito alonare[5] simile a quello che si leva dalle fornaci, e le mura delle case erano cosí bollenti che pareva di passare tra due pareti di fuoco. Quando la Madonna ebbe riconsacrato con la sua presenza le strade di tutto il quartiere, la processione prese la via del ritorno, e la musica suonò piú forte e piú allegra affinché la via della fine sembrasse la via del principio. Come un sole che tramonta la Madonna rientrò nella Chiesa, e nell'ombra dell'abside si videro solo brillare i suoi occhi come se anech'essa avesse pianto. La musica morì, sulla soglia, i ceri rimasero a consumarsi sugli alti candelabri d'oro, e la Chiesa fu chiusa. Gli otto portatori si asciugarono il sudore e intorno a loro facevano cerchio sbigottiti i compagni in un silenzio attonito pieno di ricordi, pari a quello della vela che si posa madida di salsedine. Le mogli s'appoggiarono al braccio dei mariti, i figli guardarono in aria come perduti dietro un volo d'uccelli invisibili: ma in aria non c'era che la rete vibrante dei fili e nel cielo pallido dell'estate nessuna fronda stormiva all'infuori dei drappi appesi alle finestre che l'afa stessa faceva palpitare: e poco dopo il sole calò dietro le terrazze delle case di cui non si vede la fine, e dalla terra si levò il bollore del giorno simile al riverbero di un sole sottoposto[6]. Ma si sentiva ancora nell'aria il suono della musica e il palpito di innumerevoli volti che fra poco sarebbero scomparsi. Per non farli scomparire, tutti insieme, divisi per paese, si dispersero nelle osterie del quartiere, stretti l'uno all'altro come nelle centurie del lavoro[7]: e gli abiti bianchi delle bambine sembravano piú bianchi e i vestiti neri delle donne e degli uomini sembravano piú neri. Soltanto gli orecchini delle spose e le spille appuntate sul petto erano d'oro così rosso che si sarebbe detto comprato col sangue. Intorno alle tavole fumanti di quelle stesse vivande che si mangiavano sull'aia la sera alla brezza quando i muli nella stalla accanto rosícano le fave e il fieno, l'allegria tornò in tutti i volti: e mangiarono maccheroni e bevvero birra.

Quand'ebbero finito accesero i toscani e già s'erano accese le lampade. Allora uno, dal fondo dell'osteria, seduto in un angolo, come se la birra gli avesse dato al cervello, attaccò un canto, e tutti si azzittirono. Era il canto dei mietitori, il canto dei campi, profumato come il fieno, fresco come la rugiada, sprigionato da una fiala[8] che era rimasta intatta dopo aver passato tanti monti e tanto mare. Al primo ritornello un altro si mise anche lui a cantare, e poi un altro, e poi un altro ancora, finché tutti si misero a cantare, come nella processione, e guardavano in alto, col toscano che fumava nelle mani: e la voce delle donne era piú chiara di quella degli uomini, era simile al cielo su cui il canto campeggiava. Cantarono cosí lungamente, lungamente, finché il canto si spense: e si guardarono in viso come per domandarsi dove fossero le biche[9] del grano. Ma il grano non c'era: e invece c'era sulla porta il viso del poli- ceman[10] che guardava dentro per capire che cosa era successo. Il silenzio li intimidí come se avessero già indossati gli abiti del lavoro del giorno dopo, le bluse turchine col numero stampato come sulla casacca del forzato[11]. Ma un giovane andò all'oste e si fece dare l'organetto. E attaccò una canzone. Nel silenzio della strada quell'umile suono cercò la sua via come un uccello smarrito: cadde, rivolò, ricadde, trovò infine la via su per le altissime mura e dileguò. Un altro suono s'alzò dietro di lui. E tutti gli astanti  col capo curvo sul tavolo e gli occhi semichiusi vedevano la proda di un campo lontano avvicinarsi e allontanarsi come l'onda di un mare, e vedevano la bionda luce delle sere di domenica quando andavano sotto le finestre a cantare, e dai campi si levava l'odore del fieno mietuto insieme con la frescura della luna nuova. Ma ora il suono si levava nell'aria fievole e rassegnato, simile al lamento di un prigioniero piangente sul Paradiso due volte perduto. Di lì a poco si levarono con nel capo già la gravezza senza sogni della birra: e mentre la ferrovia sotterranea esalava l'ultimo rantolo nell'ultima corsa all'ultima stazione, le donne si levavano la spilla dal petto e loro restava una spina nel cuore, e gli uomini , togliendosi gli abiti della festa già sentivano il peso della blusa turchina e il fischio della sirena[12] nell'aria simile a un mostruoso trapano che fora il cervello: sí che quando si calarono nel letto si abbracciarono singhiozzando senza sapere perché, come se invece di essere sul punto di addormentarsi fossero sul punto di scendere in fondo alla miniera dove non c'è altro cielo che quello delle bluse turchine.

(da La Madonna dei grattacieli, ed. Jàpadre)

 

 

 

 

[1] enigmatiche: chiuse, misteriose, impenetrabili. 

[2] tavole logaritmiche: complicati schemi di formule matematiche. 

[3] assopito: quasi addormentato, ma dunque non scomparso. '

[4] Tutto ciò avviene soltanto nel ricordo, perché assai diversa è la realtà di quella grande strada di New York.

[5] con un palpito alonare: con una vibrazione calda e luminosa che si spandeva in cerchio, come un alone.

[6]di un sole sottoposto: come se un altro sole fosse sotto la terra.

[7]centurie: erano, nell'antica Roma, gruppi di cento uomini in cui veniva suddivisa la popolazione, per ragioni sia civili che militari. Qui si tratta invece di squadre, leghe di uomini che esercitano uno stesso mestiere.

[8]fiala: recipiente di vetro.

[9]le biche:i mucchi, i covoni.

[10]policeman: poliziotto. È parola inglese.

[11]forzato: carcerato,condannato ai lavori forzati.

[12] sirena: il segnale sonoro che dà inizio al lavoro, nei cantieri e nelle officine.

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