Scultore, grafico e medaglista di fama. Partecipò attivamente alla
vita artistica italiana fino al 1976, esponendo nelle principali mostre nazionali ed
internazionali: tra cui: L'Arte nella Vita del Mezzogiorno d'Italia, Roma;
Premio Avezzano; Mostra d'Arte del Mezzogiorno, Napoli; Biennale di
Venezia; Quadriennale di Roma; Mostra Adriatica d'Arte, Zara; Premio
Suzzara; Biennale del Maggio di Bari; Biennale Internazionale del
Bronzetto Dantesco, Ravenna; Mostra d'Arte Italiana alla Kunsthalle,
Berna; Gran Premio Saint Vincent per la scultura. Tra i premi conseguiti
si ricordano: 1942, Premio delle Corporazioni; 1° Premio al
"Concorso Nazionale per il miglior pezzo da presepe", Roma;
1960, 1° Premio alla Biennale del Sud, Foggia; 1961, primi premi a
Lucerna e Bari; 1964, Premio Maschera d'Oro per la Scultura, Foggia; 1966,
1° Premio a "La Vela d'Oro" alla 3 Rassegna del Mezzogiorno,
Napoli; Premio speciale alla Rassegna sul Bronzetto Dantesco, Ravenna. . Sue opere si trovano in importanti musei, oltre che in
collezioni pubbliche e private. Della sua arte hanno scritto critici come
V. Aculeo. C. Biancale, M. Lepore, V. Mariani,
F. Miele, S. Moffa, M.G. Sarfatti, M. Piazzolla. Fra i giudizi espressi su
di lui, ne riportiamo due, estremamente indicativi. Il primo è di S.
Perdicaro: “L’universalità, dei valori insiti nell’opera scultorea
di Antonio Di Pillo è perfettamente espressa dalla raffinata eleganza del
suo stile, dalla levigata fluidità delle forme, dove la materia,
illeggiadrita dai palpiti dei sentimenti interpretati, si compone con raro
equilibrio in ascensionali ritmi, evocando l’intimo phatos dei soggetti,
simboli paradigmatici di un’esistenza fuori del tempo. Il secondo è di
Marino Piazzola: “Le sculture di Antonio Di Pillo, soprattutto i
ritratti di donne, hanno nel volto una patina di rossore: come se fosse il
velo di un vago pudore di essere vive, di essere apparse sulla terra come
creatura stupende e stupite; di stare inoltre ferme in un’ora del tempo
che è della letizia e soprattutto della malinconia. Così, in questi
volti limpidi, dagli occhi murati dolcemente nella bellezza, con i capelli
che sembrano pettinati dal silenzio e le bocche taciturne per sempre sui
segreti del cuore, brilla con misura e gentilezza quella grazia che gli
antichi cercavano con ossessione, perché si fissasse per magia nelle loro
opere. Sono entità che parlano da una profonda dimensione del tempo: come
se fossero la sopravvivenza di un mondo silenzioso e perfetto, come se
quei volti, scolpiti con tanta gentilezza, fossero stati ritrovati fra le
rovine egizie o nelle stupende tombe etrusche, scolpite in un'era che può
essere benissimo del passato, o in una, nuova, proiettata nel
futuro".
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